Politiche attive
Per "Politiche attive del lavoro" si intendono tutte le iniziative messe in campo dalle istituzioni, nazionali e locali, per promuovere l'occupazione e l'inserimento lavorativo.
La sua base teorica è il Welfare to work. Esso nasce per colmare le lacune del Welfare State, il sistema progettato dallo Stato inglese ai tempi della prima Rivoluzione industriale per assistere masse di diseredati che abbandonavano le campagne per fornire manodopera alle fabbriche.
Con il passare del tempo ed il susseguirsi di periodiche crisi economiche – le cui conseguenze dirette sono disoccupazione ed emarginazione sociale – sono stati approntati diversi modelli, passando da un approccio universalistico ad uno tagliato su misura del singolo individuo.
La dicotomia più nota è quella tra politiche passive e politiche attive. Le prime puntano a contrastare la disoccupazione e i disagi ad essa connessi predisponendo misure di supporto come il sostegno al reddito. Le seconde si articolano lungo le quattro direttrici indicate prima nell'Agenda di Lisbona e poi nella Strategia Europea per l'Occupazione (SEO) :
Occupabilità: migliorare le capacità di un individuo di inserirsi nel mercato del lavoro
Adattabilità: aggiornare le conoscenze individuali per renderle compatibili con le esigenze del mercato
Imprenditorialità: sviluppare qualità e spirito imprenditoriali per avviare un'azienda e contribuire all'autoimpiego
Pari opportunità: favorire politiche di uguaglianza per aumentare i tassi di occupazione femminile.
Gli strumenti per realizzare questi obiettivi sono: la formazione, la riqualificazione, gli strumenti di orientamento, l'alternanza scuola lavoro, i tirocini e le work experiences.