seguici su:

Previdenza obbligatoria

 

  
Previdenza obbligatoria pubblica e privata

Il sistema di tutela obbligatoria previsto nell'ordinamento previdenziale italiano è strutturato in due settori di riferimento, l'uno destinato ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, autonomi e collaboratori, gestito dall'INPS (che attualmente include anche le ex gestioni INPDAP ed ENPALS), l'altro, indirizzato alle categorie di liberi professionisti, gestito dagli enti previdenziali di diritto privato, istituiti con decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (enti pubblici trasformati in associazioni o fondazioni con personalità giuridica di diritto privato) e con decreto 10 febbraio 1996, n. 103 (costituzione di fondazioni con personalità giuridica di diritto privato).

Fino alla riforma previdenziale varata con il decreto legge n. 201/2011 (c.d. riforma Fornero) i trattamenti erogati dal sistema previdenziale obbligatorio pubblico gestito dall’INPS, erano costituiti, oltre che dagli assegni di invalidità e dai trattamenti ai superstiti, essenzialmente da tre prestazioni: pensione di vecchiaia, pensione di anzianità e pensione di anzianità con 40 anni di contribuzione versata indipendentemente dall'età anagrafica. Dal 1° gennaio 2012, le prestazioni erogate dall'INPS sono state razionalizzate con la soppressione dei trattamenti di anzianità con le c.d. "quote" (somma tra anzianità contributiva e età anagrafica). I principali canali di accesso al trattamento previdenziale sono, attualmente, due: la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata.

 

Il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo

Il sistema retributivo di calcolo delle prestazioni perviene a regime con la legge n. 153 del 1969. Nel modello retributivo la pensione è commisurata alle retribuzioni percepite negli ultimi anni di attività. La sostenibilità finanziaria del sistema dipende, sostanzialmente, dall'equilibrio tra lavoratori attivi e pensionati.

Nel corso degli anni, il costante invecchiamento della popolazione italiana unitamente all'andamento demografico, hanno segnato la crisi del modello retributivo, avviandone il processo di rivisitazione.

La legge n. 335 del 1995 (c.d. riforma Dini) introduce il sistema di calcolo contributivo, disponendone la totale applicazione nei confronti di tutti gli assicurati a decorrere dal 1° gennaio 1996.

Il sistema contributivo rappresenta una forma più equa di determinazione della prestazione pensionistica, in quanto pone in diretta correlazione quanto versato con quanto il soggetto verrà a percepire; i contributi accantonati (c.d. montante) vengono, infatti, convertiti in rendita attraverso coefficienti di trasformazione calcolati in ragione dell'età di pensionamento e della conseguente attesa di vita.

La transizione al modello contributivo è stata completata con l'entrata in vigore del decreto legge 201/2011 (c.d. riforma Fornero). Il sistema contributivo è stato esteso infatti a tutte le anzianità maturate a decorrere dal 1° gennaio 2012, con applicazione del calcolo "pro rata".

 

Evoluzione del sistema previdenziale

Il processo di armonizzazione e stabilizzazione del sistema previdenziale ha preso avvio con il d.lgs. n. 503 del 30 dicembre 1992 (cd. riforma Amato). La riforma, in particolare, ha disposto il graduale innalzamento dell'età pensionabile e l'avvio di un processo di allineamento del regime pensionistico dei pubblici dipendenti e di altre categorie speciali a quello del regime generale.

Nel 1995, la legge n. 335 modifica i parametri di accesso alla pensione di anzianità. A decorrere dal 1° gennaio 1996 il requisito contributivo, indipendentemente dall'età, è gradualmente innalzato fino al raggiungimento di 40 anni a decorrere dal 2008. Con riferimento alle pensioni di anzianità correlate all'età (pensione di vecchiaia anticipata), l'accesso alla pensione è subordinato al raggiungimento di un'anzianità contributiva pari a 35 anni in aggiunta al compimento di specifiche soglie di età gradualmente più elevate (57 anni nel 2008).

Alcune modifiche vengono successivamente introdotte dalla legge n. 449 del 27 dicembre 1997(legge finanziaria 1998, art. 59), c.d. "riforma Prodi" .

Nel 2004, la legge 243/04 innalza l'età dei lavoratori dipendenti portandola a 60 anni e modifica il regime di decorrenza delle prestazioni,  riducendo a due (c.d. "finestre" semestrali) le precedenti quattro finestre di accesso al trattamento pensionistico di anzianità.

Tre anni dopo, la legge 247/2007, introduce il c.d. "sistema delle quote ", caratterizzato dalla sommatoria tra età anagrafica e anzianità contributiva e ripristina le quattro finestre di uscita, estendendone l'applicazione a tutte le pensioni.

Nel 2010 il legislatore emana il decreto legge n. 78/2010 (convertito nella legge n. 122/2010). Nel merito dei provvedimenti adottati, si segnalano:

• l'ingresso nel sistema previdenziale della c.d. speranza di vita. L'accesso al pensionamento viene agganciato all'andamento della probabilità di vita, verificato dall'ISTAT con cadenza triennale (biennale a decorrere dal 1° gennaio 2019 – art. 24, comma 13, d.l. n. 201/2011).  Se la probabilità aumenta anche l'età di pensionamento subisce un innalzamento (il primo aggiornamento si è concretizzato nel 2013 con un incremento pari a 3 mesi);

• il graduale innalzamento a 65 anni dell'età di accesso alla pensione di vecchiaia per le donne del pubblico impiego (In attuazione della pronuncia della Corte di Giustizia delle Comunità Europee 13.11.2008);

• l'introduzione della c.d. "finestra mobile". Il trattamento pensionistico si consegue decorsi 12 mesi - per i lavoratori dipendenti - ovvero 18 mesi - per i lavoratori autonomi - dalla maturazione del diritto;

• l'abbandono del sistema gratuito di ricongiunzione dei periodi assicurativi (il collegamento gratuito dei periodi assicurativi finalizzato al pensionamento è, comunque, garantito nelle ipotesi di totalizzazione delle anzianità contributive ai sensi del d.lgs. 42/2006 ed, ai fini del conseguimento del trattamento di vecchiaia di cui al d.l. n. 201/11, nell'ipotesi di "cumulo dei periodi assicurativi" ai sensi dell'art. 1, comma 239, della legge 228/2012).

A distanza di un anno, il requisito anagrafico per l'accesso alla pensione di vecchiaia viene ulteriormente incrementato e ciò, al fine di garantire l'accesso al trattamento pensionistico ad un'età minima non inferiore a 67 anni (legge n. 183 del 12 novembre 2011).

Il progressivo acuirsi della crisi economica, l'esigenza di dare sostenibilità finanziaria al sistema previdenziale rispettando gli impegni assunti in Europa, portano all'emanazione del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito nella legge n. 214  del 22 dicembre 2011(c.d. decreto Monti-Fornero). Dal 1° gennaio 2012:

• viene generalizzato, secondo il meccanismo pro rata, il metodo contributivo di calcolo delle pensioni;

• sono abolite le pensioni di anzianità conseguibili attraverso le quote. I trattamenti previdenziali vengono ricondotti sostanzialmente a due tipologie: la pensione ordinaria di vecchiaia e la pensione anticipata;

• sono abolite le"finestre" di uscita, in quanto inglobate nei nuovi requisiti di accesso;

• viene gradualmente incrementata l'età di pensionamento delle lavoratrici dipendenti ed autonome del settore privato;

• viene anticipato al 2018 l'anno di convergenza dell'età pensionabile tra donne e uomini: 66 anni oltre agli incrementi per speranza di vita;

• viene introdotta una fascia di flessibilità, per l'accesso alla pensione, compresa tra 66 e 70 anni;

• viene confermato il sistema di adeguamento alla speranza di vita (previsto dal d.l. 78/2010);

• il requisito minimo dell'anzianità contributiva resta fissato in 20 anni, così come previsto dal precedente ordinamento per la vecchiaia;

• l'accesso "anticipato" alla pensione è in ogni modo consentito con un'anzianità di 42 anni e un mese per gli uomini e di 41 anni e un mese per le donne, anch'essa indicizzata alla longevità. Si prevedono penalizzazioni percentuali sulla quota retributiva dell'importo della pensione.

 

Le deroghe alla Riforma Fornero

• 1° salvaguardia: l'art. 24, comma 14, del d.l. n. 201/11 garantisce l'accesso al pensionamento secondo i requisiti di età e contribuzione vigenti prima dell'emanazione del medesimo d.l. n. 201/11 ad un massimo di 65.000 soggetti rientranti nelle categorie tassativamente elencate. Le modalità attuative sono state fissate con il decreto ministeriale del 1° giugno 2012.

• 2° salvaguardia: l'art. 22 del decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012 (convertito con modificazioni dalla legge 135 del 7 agosto 2012), estende la platea dei soggetti salvaguardati ad altri 55.000 lavoratori.  Le modalità attuative di tale intervento sono state stabilite con decreto ministeriale dell'8 ottobre 2012. L’art. 1, comma 1, lett. a), della legge n. 147/2014 ha ridotto la platea dei lavoratori da 55.000  a 35.000.

• 3° salvaguardia: l'art. 1, commi 231 e ss, della legge n. 228 del 24 dicembre 2012 (legge di stabilità 2013) dispone lo stanziamento di nuove risorse economiche, dirette ad incrementare di ulteriori 10.130 soggetti il numero dei lavoratori salvaguardati. Le modalità attuative di tale intervento sono state stabilite con decreto ministeriale del 22 aprile 2013. L’art. 1, comma 191, della legge n. 147/2014, ha incrementato di 6.000 soggetti l’originale platea dei beneficiari.

• 4° salvaguardia:  l'art. 11 del decreto legge n. 102 del 31 agosto 2013, convertito con legge n. 124/2013 (art. 11 e 11 bis)  estende la salvaguardia ad ulteriori 9.000 lavoratori. L’art. 1, comma 4, della legge n. 147/2014 ha ridotto la platea dei lavoratori beneficiari a 5.000.

• 5° salvaguardia: è prevista dalla legge di stabilità per il 2013 (legge n. 147/2013) e riguarda 17.000 lavoratori.

• 6° salvaguardia:  l’ art. 2 della legge 10 ottobre 2014, n. 147, prevede il beneficio  a favore di  32.100 lavoratori.

 

 Le categorie salvaguardate:

• Lavoratori collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223/1991;

• lavoratori collocati in mobilità lunga ai sensi dell'art. 7, commi 6 e 7 della legge n. 223/1991;

• titolari di prestazione straordinaria a carico di fondi di solidarietà di settore di cui all'art. 2, comma 28, della legge n. 662/1996;

• prosecutori volontari;

• lavoratori pubblici in esonero ai sensi dell'art. 72, comma 1, del d.l. n. 112/2008;

• lavoratori cessati per assistere figli disabili;

• lavoratori cessati in conseguenza di accordi individuali e collettivi di incentivo all'esodo;

• lavoratori cessati in ragione della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro.

• Lavoratori a tempo determinato cessati tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011

In totale, sono stati salvaguardati 170.230 soggetti. Salvo particolari fattispecie, i soggetti appartenenti alle suddette categorie accedono al beneficio della salvaguardia nel caso in cui perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il quarantottesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.

 

 

Casellario centrale posizioni previdenziali

Normativa di riferimento